Impegnarsi a partecipare

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Impegnarsi a partecipare

Il 27 gennaio scorso, in occasione della Giornata della Memoria, San Marcellino ha proposto un insieme di preoccupazioni e spunti di riflessione dal tiolo Per non perdere noi stessi, sui quali oggi torniamo per approfondire il tema del contrasto alla nostra ignoranza.

Contrastare la nostra ignoranza, concedendoci il tempo di conoscere e far conoscere i temi che ci stanno a cuore.

 

Di Mario Calbi

 

San Marcellino mi invita a riprendere le riflessioni, pubblicate il Giorno della Memoria, che commentavano prese di posizione di politici e Amministratori (nazionali, regionali e comunali) su migranti, mendicanti e altre persone che vivono una condizione di disagio grave.

Prima di tutto, dunque, sono preoccupato e stupito di quanto il discorso pubblico, delle Istituzioni, si sia allontanato da quella città solidale che ho conosciuto, come Assessore e operatore nel campo dei servizi sociali, negli anni dal ’70 ai primi anni 2000.

Le grandi trasformazioni economiche (perdita di quasi tutta l’industria pesante), demografiche (l’invecchiamento e la denatalità per es.) e sociali (il terrorismo, le tossicodipendenze, l’immigrazione di nomadi, maghrebini, europei dell’est, ecc.), accadute negli anni a cui faccio riferimento, non avevano prodotto l’imbarbarimento di cui siamo testimoni.

Fino a ieri la Città ha affrontato le sue crisi e le sue difficoltà in modo civile, secondo quei valori di umanità, laici e cattolici, che impregnano i principi della nostra Costituzione; non ha risolto, ma gestito i problemi, senza evidenti segni di peggioramento o degrado.

Abbiamo affrontato senza perdere la nostra umanità, quindi, vicende assai peggiori di quelle che stiamo vivendo! Anzi, in città si sono prodotti fenomeni nuovi e positivi: in porto, nella lotta alla fragilità ambientale, nell’inclusione sociale, nella sicurezza dei cittadini, nella cultura, come, per esempio, la riqualificazione dell’area del porto antico e la conseguente apertura della città al turismo o la straordinaria stagione culturale di Palazzo Ducale.

Non credo che “quella” città sia sparita o non esista più.

Forse, tuttavia, è proprio il relativo successo delle politiche degli ultimi decenni che ha addormentato una città antifascista e accogliente portando i cittadini a isolarsi nel privato, molti di loro accontentati e molti delusi dalla lentezza e moderazione delle Amministrazioni del centro sinistra locale.

Ora però, la classe politica, di fatto sostenuta dal grande peso degli astenuti, legittimata da elettori che sono una minoranza e che hanno visioni della società tra loro inconciliabili, è dotata di potere statuale e di una amplificazione comunicativa che soffoca le altre voci. Questo da la possibilità di creare una falsa rappresentazione della realtà sociale e proporre, quando non fomentare, la discriminazione e l’emarginazione rifiutando di guardare all’altro migrante e all’altro mendicante, prima di tutto come a una persona umana.

La “mia”, la nostra Città può e deve reagire, perché sono in pericolo i valori su cui è stato costruito questo Paese.

Almeno per questo motivo, ciascuno di noi dovrebbe respingere la mistificazione e il disprezzo per l’umanità con decisione, con la fermezza della nostra coscienza civile e con i molti argomenti che la conoscenza e la scienza ci mettono a disposizione.

È importante che ognuno di noi si impegni a partecipare frequentando o promuovendo occasioni in cui far conoscere e approfondire la complessità delle sfide che ci attendono sforzandoci di andare ad incontrare le persone sui territori non solo quando le tensioni sono già scoppiate.

È già successo che minoranze nemiche dell’umanità abbiano portato il paese a scelte tragiche grazie all’indifferenza o all’incapacità della maggioranza che doveva difendere la pace e la democrazia.

Mario Calbi è un Assistente Sociale, già Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Genova dalla metà degli anni ’70 alla metà degli anni ‘80. Docente di Organizzazione dei Servizi Sociali, presso l’Università di Genova, dal 1992 al 2005, nel 2005 ha ideato e fondato, con altri operatori sociali genovesi, il Circolo di Studio sul Lavoro sociale Oltre il Giardino.

Impegnarsi a partecipare è la seconda di un ciclo di riflessioni che proseguiranno nelle prossime settimane. Eccone il filo conduttore.

 

Portare argomenti, affrontando temi sociali e pubblici riconoscendo la parzialità delle nostre motivazioni, opinioni o percezioni personali.

Contrastare la nostra ignoranza, concedendoci il tempo di conoscere e far conoscere i temi che ci stanno a cuore.

Prestare attenzione ai contenuti, riconoscendo le forme di mistificazione che possono nascondersi dietro una efficace abilità di comunicazione.

Comprendere la complessità andando oltre le generalizzazioni, attraverso l’informazione, l’attenzione e l’empatia.

Non confondere la filantropia con il riconoscimento dei diritti, tenendo ben distinto il sentimento di solidarietà dagli strumenti necessari a ottemperare ai Principi costituzionali.

Non tirare nel mucchio. A partire dai discorsi e dai facili bersagli che affollano ogni canale di comunicazione, siamo chiamati a contrastare una tendenza culturale che oggi rappresenta il terreno sempre più fertile per forme di violenza che vanno ben al di là delle parole.



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