Il nuovo videoclip di San Marcellino

Il nuovo videoclip di San Marcellino

Nel dicembre scorso ci siamo lanciati in una bella avventura che ha portato il Collettivo Moto Perpetuo e il Coro di San Marcellino alla realizzazione del videoclip di un famoso brano degli anni ’80 del secolo scorso: We are the world. Di seguito Michele Montecucco, coordinatore del laboratorio di musica, ci parla di questa avventura.

Per vedere il videoclip fai click sull’immagine sottostante

Prima e dopo

Ci stavamo avvicinando al Natale. Come ogni anno riunivamo l’equipe di animazione e i laboratori artistici di San Marcellino per ragionare su “cosa fare” alla Festa di Natale (presso i locali de “la Claque” di Genova).

Oltre all’ormai classico concerto del gruppo del laboratorio di musica, decidemmo di produrre il video di una canzone da poter proiettare sul maxischermo. Il brano che ha dato origine all’idea fu proprio We are the world, perché permetteva una partecipazione numerosa da parte delle persone, ospiti, volontari, operatori, perché dava alla band la possibilità di suonare ed essere registrata, consentiva un divertente gioco di impersonificazione con i propri eroi musicali preferiti, ma soprattutto per il significato e il valore attuale del testo, dati i messaggi di intolleranza e discriminazione che stavano avvenendo.

Il video, registrato a metà dicembre, era ancora in uno stato embrionale al tempo della festa di Natale, ma siamo riusciti a farlo vedere e a gioire insieme del risultato. Questo era il primo step, il secondo era una sua logica pubblicazione attraverso i canali social. Ma poi è avvenuto un “dopo” impensabile e totalmente imprevisto.

Il “prima” è un articolo che avevo scritto di getto nell’immediata gioia della registrazione del brano. Il dopo è “oggi”. 

Prima: Tutti come uno

Genova, 14/12/2019

Non possiamo continuare a pretendere, giorno dopo giorno,

che qualcuno, in qualche modo, porterà un cambiamento.

Siamo tutti una parte della grande famiglia di Dio

E la verità è che l’amore è tutto ciò di cui abbiamo bisogno” […]

“Quando sei triste e stanco sembra che non ci sia alcuna speranza

Ma se tu avessi fede non ci sarebbe sconfitta

Bene, allora realizziamo

Che un cambiamento può avvenire

soltanto se stiamo insieme come uno

(USA for Africa, We are the world, Columbia Records, New York, 1985)

Era il lontano 1985, quasi 35 anni fa, che a Harry Belafonte venne l’idea di un brano musicale per raccogliere fondi per l’Etiopia, afflitta in quel periodo da una disastrosa carestia. Il suo manager contattò per primo Lionel Richie, questo chiamò Quincy Jones (grande musicista, compositore e produttore discografico) che coinvolse Michael Jackson e gli oltre 45 musicisti che cantarono il brano originale (tra gli altri Tina Turner, Paul Simon, Billy Joel, Bruce Springsteen e Bob Dylan). Il brano fu scritto da Michael Jackson e Lionel Richie.

Perché l’idea di riproporre oggi We Are the world riarrangiato e cantato da San Marcellino?

Nonostante l’idea del brano originale fosse principalmente quella di una enorme raccolta fondi, quello che di questo brano è rimasto oggi è il succo, la sintesi: un brano atemporale, simbolo dell’importanza della fede, della speranza, delle relazioni sane tra gli esseri umani, indipendentemente dal ceto, dal colore della pelle o quant’altro si possa immaginare come stupidamente “divisorio” tra gli esseri umani.

Nel testo viene detto “non possiamo continuare a pretendere che qualcuno in qualche modo porti un cambiamento”; questo è fondamentale – non aspettare una vita in attesa che qualcuno faccia qualcosa per cambiare “le carte in tavola”, bisogna attivare la nostra volontà, valutare, decidere, scegliere, agire. La volontà però non può esistere da sola, ma ha bisogno di fondersi con la grande potenza dell’amore, “tutto ciò di cui abbiamo bisogno” (vi ricordate i Beatles? All you need is love….), forza coesiva che ci consente di non essere soli, che ci ricorda che siamo tutti una parte, seppur piccola, ma pur sempre unica e irripetibile. E vengono in mente le bellissime parole di Madre Teresa: “Sappiamo bene che ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. Ma se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe. Importate non è ciò che facciamo, ma quanto amore mettiamo in ciò che facciamo; bisogna fare piccole cose con grande amore.”

Ma veniamo alla realizzazione vera e propria. Dall’idea siamo passati alla progettazione, il rendere possibile un piccolo sogno: poter coinvolgere in uno stesso spazio operatori, ospiti, volontari, finanziatori, dirigenti, e stare tutti insieme sullo stesso piano, guardarsi in faccia, scoprirsi, vedersi, riconoscersi come uguali.

Il laboratorio di musica ha incominciato a provare e riprovare la parte strumentale, mandando a segno un altro piccolo successo: portare il Collettivo Moto Perpetuo di nuovo in studio di registrazione dopo quel lontano 2014, anno del primo album. Il salto per alcuni è stato grande: da suonare da soli per strada a suonare in un gruppo; da un gruppo a un collettivo allargato; da un collettivo a una registrazione dignitosa del proprio suono, come impronta indelebile del proprio passaggio. Non solo, il brano che abbiamo registrato (grazie all’aiuto di un fonico professionista, Luca Nasciuti e alla special guest del grande chitarrista jazz Marco Tindiglia – sue le noti iniziali) è la base che ha permesso alle oltre trenta persone coinvolte di poter cantare la propria parte. Capite quanto è importante? Dall’essere considerati quasi dei signor “nessuno” a essere coloro che permettono di sorreggere una struttura così complessa come il brano in questione; e questo va oltre il semplice riconoscimento, è una gratificazione importante, una ristrutturazione identitaria che, seppur piccola, può essere l’inizio di una vera trasformazione interiore.

Passiamo al coinvolgimento del coro e dei cantanti singoli. Questo è avvenuto attraverso il passaparola, attraverso cartelli appesi nelle varie strutture di San Marcellino e attraverso email e doodle.

Grazie alla bellissima collaborazione, allo spirito d’iniziativa e all’entusiasmo che c’è stato sin da subito tra i colleghi dell’Area Animazione (capitanata da Francesca Barberis e che vede tra le sue fila il coordinatore dei laboratori artistici Lorenzo Penco, Walter D’Addario, Matteo Anselmo e il sottoscritto) e grazie all’appoggio della direzione si è potuto coinvolgere così tante persone al progetto.

Tutto questo non poteva accadere realmente senza una buona dose di gioia, creatività ed autoironia. Per questo abbiamo anche deciso di realizzare un videoclip (ripreso dai registi professionisti Bruno Lizzia e Adriano Figari, che ringraziamo), proprio come l’originale; tutti i coinvolti sono stati ripresi in video nel momento stesso della registrazione audio, ognuno a cimentarsi con il proprio personaggio preferito.

Dopo una prova tutti insieme al Diurno, in cui si è scelto chi avrebbe dovuto fare chi, in un meraviglioso e divertente gioco di immedesimazione col personaggio/cantante preferito, e in cui abbiamo svolto le prime e uniche prove del coro (reso possibile grazie alla volontaria, nonché cantante, Giulia Zerbino), ci siamo ritrovati tutti presso il Gezmataz, luogo prescelto per le registrazioni.

La giornata di prova è stata davvero un assaggio, non tanto del realizzare come il tutto stava riuscendo bene (anche perché, in realtà, all’inizio abbiamo avuto non poche perplessità sui risultati, per fortuna smentite alla registrazione!), ma della bellezza dello stare insieme, del condividere il nostro spazio, il nostro prezioso tempo per dedicarlo agli altri, gli altri a noi, e tutti noi a noi stessi. Fermarsi, guardarsi, accettarsi, camminare insieme, cantare insieme,  ridere assieme, sono piccoli grandi aspetti che hanno fatto sì che quella giornata di registrazione rimanga nei cuori dei presenti ben oltre il risultato del prodotto. Nonostante la curiosità di tutti nel sapere come sia venuto il video e la registrazione, non ho dubbi sul fatto che ciò che rimarrà davvero è proprio il processo; non la meta, ma il cammino per arrivarci.

Termino questo breve articolo con una svista evangelica del testo della canzone. Nella seconda strofa Willie Nelson e Al Jarreau cantano: As God has shown us / By turning stone to bread / And so we all must lend a helping hand, ovvero “Così come Dio ci ha insegnato / trasformando le pietre in pane / Così noi tutti dobbiamo tendere una mano”. In realtà, secondo i Vangeli, Gesù non ha mai compiuto il miracolo della trasformazione delle pietre in pane; infatti, nonostante il demonio lo esorti a farlo dopo il suo digiuno di quaranta giorni e quaranta notti nel deserto, Egli risponde: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4).

Che gli autori abbiano voluto porre l’accento su questa frase? Che sia realmente così o meno trovo che queste ultime parole riassumano non solo quanto avvenuto, ma in realtà tutto il lavoro che San Marcellino svolge da 75 anni con così tanta passione.

Dopo: la vita è anche gioia

Genova, 8/4/2020

È molto strano, oggi, passati così pochi mesi, da quasi Natale a quasi Pasqua, rivedere il filmato finito, rivedere persone così vicine, senza una mascherina, un paio di guanti e non impaurite dall’altro e dalla paura del contagio. Commuovono gli abbracci, gli applausi, i sorrisi di mutua gratificazione che oggi sono un ricordo, seppur molto vivo. Oggi non c’è quella “bellezza dello stare insieme, del condividere i nostri spazi”, non c’è il “guardarsi, accettarsi, camminare insieme, cantare insieme, ridere assieme” di cui parlavo nel “prima”. Ma non tutto è così negativo. Ci siamo ritrovati a ripensare al videoclip fatto, al messaggio forte che oggi ancora più di prima ha una valenza così importante. Come ha detto Papa Francesco nel momento di preghiera del 27 marzo: “ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda”. E poi continua dicendo: “Su questa barca…ci siamo tutti. Come quei discepoli che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: “siamo perduti”, così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”.

Ecco allora che, nonostante gli aspetti di grande difficoltà che tutti stiamo vivendo e condividendo, tutto questo ci ricorda che siamo tutti parte di un tutto, che solo muovendoci assieme possiamo creare un cambiamento. Certo, appare strano, oggi, che questo remare insieme in realtà lo si debba fare “a distanza di sicurezza”, ma tutto questo ha portato a evidenziare la solidarietà e l’altruismo dell’essere umano, qualità che nella velocità del quotidiano e del non guardarsi/ascoltarsi veramente rischiava di perdersi tra le “mille cose”. Forse mai come oggi le persone si stanno ascoltando veramente; mai come oggi le persone si stanno guardando e riconoscendo. Mai come oggi ci manchiamo, e ci manchiamo perché ci accorgiamo che il tempo che dedicavamo agli altri spesso era un tempo “al volo”, un tempo non veramente “di presenza mentale” di qui e ora. Incontri, colloqui, suonate, parole, voci, sguardi in cui non si era veramente “lì”, e oggi, come testimoni osservatori di noi stessi, ce ne accorgiamo di più, se non addirittura per la prima volta.

Alcune persone seguite da San Marcellino, in questo periodo, hanno ripreso contatti (telefonici) con amici e familiari che non sentivano da anni, spesso (non sempre) per motivi banali o superabili. Piccole guerre “in famiglia”, che prima avevano creato separazioni dolorose, adesso sono passate in secondo piano, vuoi la paura del non rivedersi più, vuoi il ridare il giusto valore alle cose importanti, e a quelle meno, della vita.

Non tutto è così positivo, c’è sicuramente tanto dolore, ma le brutture di quello che accade sono già troppo spesso sotto gli occhi di tutti e, come dice G., il Bruce Springsteen del nostro video, stanco di tutte queste notizie allarmanti, c’è oggi ancora più bisogno di arte, di bellezza, di musica. Citando la sua ultima composizione, mi accordo con quanto ci esprime: “La vita è anche gioia, viva la vita, viva la libertà, viva l’amore”.

Il modo in cui la band è rimasta unita è una chat su whatsapp in cui ognuno condivide i propri pensieri, la propria voglia di condividere l’arte e la bellezza con gli altri; è in questa chat che A., il nostro Lionel Richie, ci comunica che “in questo momento terribile e problematico per tutti noi, poterci esprimere in qualsiasi forma artistica è un’ottima medicina per stare bene, e non ha nessun effetto collaterale!”.

Augurandoci che questo video possa anche solo fare intravvedere la gioia e la comunione che tutti noi, che ne abbiamo fatto parte, abbiamo provato nel realizzarlo, e sperando di passarne anche solo un po’ donando queste qualità a chi lo guarda, termino questo testo con un’altra citazione di G.: “Le guerre le hanno sempre vinte più le canzoni che i cannoni”.



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