Grazie Valerio – 25 Aprile

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Grazie Valerio – 25 Aprile

Un fiore al partigiano Valerio Parodi. Un pensiero scritto da Danilo De Luise nel giorno della sua morte.

 

“Ti giuro… Guarda io amo la vita, lo sai che amo la vita…. Ma ti giuro che vorrei essere morto in montagna con i miei compagni per non dover vedere quello che devo vedere oggi…”.

Così, “Littorino”, salutavi l’esito delle ultime elezioni politiche in Italia di una decina di anni fa e l’assenteismo alle urne di quello che restava della sinistra di questo paese. Così mi dicevi, in genovese, davanti a un caffè del bar di via Cairoli guardandomi dritto in faccia.

Non riesco a togliermi dalla testa questa frase, e le lacrime agli occhi, i tuoi, e il mio silenzio precipitato in un senso di fallimento collettivo e personale. Mi sentivo parte di generazioni di traditori, di eterni adolescenti incapaci di vivere da uomini.

Questa frase è la prima cosa che mi è venuta in mente oggi, quando mi hanno avvisato che sei morto stamattina. Allora ho pensato che finalmente sarai di nuovo con quei compagni, eternamente giovane, come quei valori che hai tenuto vivi fino a oggi e che, noi, non abbiamo saputo difendere.

E tutte le storie che mi hai raccontato…, senza alcun vezzo di eroismo, con i nomi dei tuoi compagni, che non ho mai incontrato, ma sapevi farmi conoscere e i particolari inquietanti del dopo guerra e altri, della storia di questo stanco Paese.

In ogni tuo gesto trovavo amore per la vita e le parole erano frutti succosi dal contenuto sempre un po’ più ricco di quello che poteva sembrare.

Ancora una volta sono tanto triste, per me, per il mio egoismo.

La tua morte è parte di una vita straordinaria, limpida come tante delle tue mattine nelle montagne della resistenza. Non è per te, dunque, che provo dolore, oggi che si compie il tuo passaggio in questo mondo, ma per i nostri giorni che saranno più bui, per il nostro tradimento, per il mio non riuscire a essere migliore, perché volevo venirti a trovare e non l’ho fatto, perché ho ancora bisogno di maestri, perché non c’è dignità, né eroismo, né onore, nell’ipocrisia e nella falsa coscienza in cui trasciniamo le nostre vite.

Ma anche la tua morte è un regalo se, oggi, mentre ti scrivo, mi mostri la mia immaturità che vorrebbe farti portare ancora il carico di una battaglia per cui hai fatto ben più che la tua parte. E tocca a noi, a me, diventare grandi, perché non è mai troppo tardi, davvero, per guardare in faccia la vita, alzare il capo e andare avanti.

 

Danilo – 13 novembre 2011



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